4000 metri, un sogno nel cassetto.

Ecco a voi l’articolo che è stato pubblicato sul “Ladino”, il giornale della Sezione del Cai di Lumezzane, in cui viene narrata l’ascesa di Davide Bonfanti al suo primo 4000m

Quando e con chi?

Con infinita gioia vi racconto di quel sabato e di quella domenica, 6 e 7 luglio, in cui con un po’ di fatica e altrettanta emozione raggiunsi assieme al Cai di Lumezzane l’unica cima che supera i 4000 metri totalmente confinata nel territorio italiano, ossia il Gran Paradiso.

Il tragitto e i pensieri…

Quel sabato partimmo con il pullman per un viaggio che durò poche ore, ma che all’ apparenza sembrava non finisse più; complici erano le troppe domande che mi correvano in testa, ad esempio: riuscirò ad arrivare in cima? Come reagirà il mio corpo a una quota che non ho mai raggiunto? Com’è sarà la su? Uguale ai numerosi 3000 già scalati?

L’arrivo

Tra una tappa merenda e una pranzo arriviamo alla località Pravieux, a quota 1834, da qua ci allacciamo gli scarponi e partiamo; nel tragitto per arrivare al Rifugio Chabod, conosco altri ragazzi e discutiamo di montagna, delle nostre esperienze alpinistiche, del più e del meno, finché dopo circa due orette di camminata in una magnifica valle, piena di verde, sbuca nel cielo azzurro una montagna molto differente dalle altre che la circondano, sia per altitudine che per forma e capii subito che quello era il Gran Paradiso, con i suoi 4061 m.

Da quel punto ad arrivare al rifugio non mancò molto, infatti in meno di un ora giungemmo a destinazione e sembrava di essersi trasportati in un racconto di quelli himalayani quando gli alpinisti giungono al campo base e si ritrovano gente da tutto il mondo, li fu quasi verosimile infatti bastava alzare la testa per vedere inglesi, francesi e qualche tedesco.

Cosa mi è passato per la testa

Prima e dopo cena rimango incantato e mi isolo per ammirare tanta bellezza e a pensare al grande passo che stavo per compiere, era un mio pensiero fisso da tempo il Gran Paradiso, siccome sarebbe stato il mio primo 4000 e tanta bellezza mi fece vegliare finché non scese la notte.

L’ascesa

Sempre con il buio ci svegliammo, dopo un’ottima colazione ci infilammo l’imbrago e partimmo, dopo una camminata compiuta con l’ausilio delle torce su un sentiero roccioso, giungemmo ai piedi del ghiacciaio e finalmente l’alba era dalla nostra parte, i primi raggi del sole illuminavano il torrione di rocce dove giace la iconica madonnina bianca.

La nostra cordata non parte avvantaggiata perché siamo in coda a innumerevoli persone che tentano l’ascesa, ma determinati e con molto entusiasmo in corpo decidiamo di partire, alcuni mollano, altri si fermano a riprendere il fiato, noi intanto proseguiamo superando le cordate davanti a noi dove è possibile.

Nella progressione tal volta ci riposiamo, sorseggiamo un po’ d’acqua e ammiriamo il fantastico panorama, così magnifico da non far sentire la fatica ed è proprio mentre mi stavo guardando attorno che mi ritrovo davanti a una parete di roccia.

Giunti quasi in cima il meteo non è dalla nostra parte, tira un forte vento, qualche fiocco di neve ghiacciato graffia la faccia e il freddo si fa sentire, ma finalmente potevo abbracciare la madonnina bianca tanto sognata e il componente di una cordata appena giunta in vetta ci scatta una foto.

Il freddo e il vento purtroppo non mi hanno fatto godere di tanta meraviglia, ma quel panorama non lo scorderò mai perché rimarrà per sempre impresso nella mia mente.

È stata una delle esperienze alpinistiche più belle e significative che abbia mai fatto e tutt’ora nel ripensarci mi viene la pelle d’oca, un piccolo sogno realizzato e a dirla tutta ora vorrei essere di nuovo li, a quella quota a riprovare quelle sensazioni.

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