Simon Messner

Ciao Simon, parlaci un pò di chi sei, parlaci di cosa ti ha portato a voler intraprendere un percorso alpinistico come il tuo. Immaginiamo che il luogo in cui vivi abbia potuto in qualche modo spingerti fortemente verso questo tipo di scelta oppure la tua passione nasce da altre cause?

Esatto, mi chiamo Simon Messner e devo dire che generalmente sono una persona che ha (e aveva sempre) tante passioni. Da bambino ero affascinato dei deserti e della gente che vive in questi luoghi selvaggi e ostili, quando avevo 6 anni ho cominciato a cavalcare e c’è stato un periodo dove ero pescatore con tutto il mio cuore.

L’interesse di andare in montagna e di conoscere la storia dell’alpinismo si sviluppava, successivamente partendo da quando avevo circa 16 anni in poi.

Mio padre mi ha portato con sé nelle prime vie classiche delle Dolomiti ma soprattutto erano i miei amici – tutti bravi rocciatori – con quali ho cominciato a scalare. Nei primi anni ero io quello più giovane e “debole”. 

Comunque c’era una grande motivazione da parte mia a diventare più forte e per poter competere. Così ho dovuto e volevo imparare tanto in questi primi anni. 

Com’è stato influenzato il tuo stile?

Certo che il mio stile è influenzato da mio padre ma anche di alpinisti come Hanspeter Eisendle, Oswald Oelz, Steve House o Maurizio Zanolla che da sempre mi hanno colpito e questo non solo per le loro imprese ma anche per la loro personalità. 

Un esempio pratico: mi ricordo bene quando mio padre e io abbiamo fatto una degli prime vie insieme, era una via classica nella Pala. Io stavo andando per primo quando vidi a caso che lui teneva la corda in mano senza l’uso di un attrezzo di assicurazione… gli chiesi subito assicurarmi però lui era del parere che “in questo terreno non puoi cadere, in ogni caso”. Al primo momento ero perplesso però poi ho capito che aveva ragione: in un ambiente alpino non devi cadere… questo ha cambiato il mio punto di vista e dopo qualche anno di arrampicata alpina posso dire che mi sono rimaste in mente soprattutto le vie dove non potevi cadere e non quelle sportive dove puoi saltare in ogni attimo. 

Non dico che l’uno è giusto e l’altro è falso, per niente! Voglio solamente dire che esistono tanti approcci diversi per avvicinarsi alla montagna. C’è gente che cerca la difficoltà massima e gente che cerca qualcosa di più´, per non dire “avventura”.

L’importante è che resta spazio per tutti e sarebbe saggio se mantenessimo qualche montagna ancora allo stato selvaggio. Questo è il vero valore per il futuro e per i ragazzi che vengono dopo di noi. Non sarebbe bello se fra dieci anni possiamo stare in Europa e non dobbiamo volare a Pakistan o Groenlandia per vivere l’avventura?

Simon, sei molto giovane, come ti senti ad aver scalato molte vette come prima salita?

Molto giovane? Ho quasi 30 anni!!! ;-D

Seriamente … ho dei bei ricordi e momenti intensi di queste nostre vie e prime salite. Però non è che mi sento tanto orgoglioso. È più una specie di gratitudine il poter fare spedizioni, perché´ mi dà tantissimo e mi fa crescere personalmente. So bene che non tutti possono andare in Pakistan o a Nepal per due mesi ed è per questo che mi sembra importante mantenere spazi selvaggi anche da noi al fine di acquisire esperienze e momenti forti (anche nell’era di riscaldamento globale in quale sarebbe meglio non usare l’aereo troppo spesso).

Quali sono invece le soddisfazioni e le gratificazioni che un giovane e talentuoso alpinista può portare a casa quando torna dalle sue spedizioni o ascese? 

Quello che la montagna mi ha segnato di più è il fatto che mi accontento di più facilmente e posso apprezzare le di più cose, anche nell’ambito quotidiano. A me oggi non serve tanto. So bene cosa significa avere caldo, freddo o anche avere sete da morire… comunque oggi sono molto più sodisfatto se c’è semplicemente un letto o quando posso bere un bicchiere di acqua, cose che per noi Europei sembrano ovvie.     

Raccontaci qualche tuo aneddoto legato a qualche spedizione/ascesa che ti ha segnato particolarmente

Ohh c’è ne sono tantissime! 

Però nello specifico nell’anno 2017 ho fatto questa spedizione dove Philipp Prünster – un mio amico – ed io siamo partiti per Nepal per provare la prima salita della parete nord del Kangshar Kang. Abbiamo posseduto qualche immagine/foto di questa montagna pero´ niente di piu´… mi ricordo bene quando abbiamo visto la parete per la prima volta ero sopraffatto e la nostra prima impressione era: “se provate a salire, morite!”. Siamo stati travolti da più valanghe, nella prima valanga eravamo parte di essa e invece la seconda valanga ha portato via tutto il nostro materiale con sé. Qualche giorno dopo Philipp cadde come primo di cordata, battendo contro un muro, continuò a cadere e perse i sensi per circa 2 ore… Siamo stati molto fortunati a sopravvivere e tornare vivi da questa spedizione. D’altra parte abbiamo imparato tantissimo e Philipp ha capito che ama più la roccia e non la neve di alta quota. Qualche volta si deve andare lontano per capire che a casa sua e´ anche bello! 

Poi pensando a un altro aneddoto mi viene in mente che un mio amico intimo che è sempre smemorato non so dire quante volte che si era dimenticato i suoi scarponi in giro. Una volta aveva messo tutto: l´imbrago, casco, corde, tutto il materiale…e voleva cominciare a arrampicare quando gli chiesi: “Markus, ma dove sono i tuoi scarponi?” 

Come mai hai iniziato a scalare e perché proprio a 16 anni? 

I temi dell’alpinismo e della montagna sono sempre stati presenti a casa nostra – difficile immaginare senza! Anche le storie e le imprese intorno l’alpinismo mi fascinavano molto. Però la voglia di andare in montagna venne più tardi quando avevo 16-17 anni. E venne perchè provai! Prima era una cosa troppo lontana e intangibile per me, ero un bambino riservato e prudente. Ma poi dopo aver provato nacque la voglia di saperne di più. Dell’altra parte ho sofferto di vertigini e anche se sembra strano, volevo sentire questa paura…. Quando ero in parete volevo solamente fuggire dell´esposizione ma poi quando tornavo a terra volevo ritornare in quel posto che mi faceva cosi tanta paura… strano, no?

Qual è la cosa di cui vai più fiero e/o orgoglioso?

Sono molto contento che i classici “Status Symbol” (simboli del status??) a me non dicono granche. Per me l´importante e´ che una macchina sa andare e e´ indifferente quale macchina e´. Orgoglioso è forse la parola sbagliata ma mi piace questa mia qualita´ perche´ fa la vita molto piu´facile… un’eccezione fa il materiale di montagna – di quale non si puo´ mai possedere sufficiente 😉

Anche noi siamo scalatori e ci stiamo approcciando all’alpinismo, sappiamo bene come il legame della cordata giochi un ruolo decisivo nella realizzazione di un’ascesa, come ti trovi con i tuoi compagni? Come li hai conosciuti? E perché loro?

Bella domanda perché la cordata è veramente una chiave per tutte le salite. Fiducia nel compagno e nelle sue abilità sono forse le cose più importanti ma questa prima deve crescere con il tempo. Purtroppo, i miei due compagni con quali ho cominciato ad andare in montagna ormai sono diventati padri e non hanno più l’opportunità di fare cose pericolose o di andare in spedizione, ma si trova gente che condivida l´idea del alpinismo tradizionale. Non è facile da trovare, ma si trova… 

Nelle nostre interviste ci troviamo spesso a parlare delle nostre alpi o delle lontane montagne orientali. Qual è quella che ti ha trasmesso più emozioni? 

Difficile questa domanda! Sono più affezionato alle nostri alpi e dolomiti, questo senza dubbio. Ma anche la Patagonia, Oman, Pakistan, India… mi hanno regalato tante emozioni che non cambierei, ma sono diverse. In un paese che non conosci, su una montagna che vedi per la prima volta tutto è tutto più eccitante: la cultura, il cibo, l´ambiente… tutto diverso da noi. E soprattutto la dimensione che è diversa, comincia già con l’appoggio/avvicinamente: qualche oretta vs una settimana o di piu´.

C’è la differenza tra le varie attività e la somma di tutte le esperienze che mi fanno quello che sono.

Quali saranno invece le prossime imprese? 

Al momento sono molto occupato a portare avanti i nostri progetti, ossia i film. Mi piacerebbe andare in montagna però al momento devo attendere i film…con il ghiaccio ho più o meno concluso per questa stagione e adesso sto aspettando il periodo per andare a scalare sulla roccia.

Ho qualche idea per quest’estate nelle dolomiti e poi mi interesserebbe, nei prossimi anni, andare in Pakistan o nel Tibet orientale. Qua ci aspettano tantissime montagne tra 6.000 – 7.000 metri inesplorate

C’è qualcuno che vuoi ringraziare o salutare? 

Grazie però in realtà no… lo dico a loro quando gli rividero´ 😉

E infine, la domanda che facciamo a tutti: perché vai in montagna?

Perchè è diventato parte di me e non mi sento più completo senza farlo. Qualche giorno o qualche settimana senza attività in montagna va bene, pero´ poi devo scappare della quotidianità perché  voglio sentirmi in un modo che riesco a stare solo fuori, in mezzo alla natura.

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